venerdì 1 settembre 2017

Pisellino e il pianto inconsolabile

Cavolo se è dura a volte...
e come ci si sente piccoli, inutili e sbagliati quelle volte... 
Nelle giornate di crisi di Pisellino ... apriti cielo. 
si piange appena si aprono gli occhi, poi facendo colazione si smette, ma poi si ricomincia.
e poi si piange, piange, piange. E si danno testate.
Si ride un minuto e poi si ricomincia a piangere. E si danno testate.  
Si fa la pennica, ma quando ci si sveglia si piange di nuovo.
E tu ti senti così talmente impotente da non riuscire nemmeno a raccontarlo. 
Credo che la sensazione della neo mamma adottiva sia un po' quella della neo mamma biologica che deve combattere con pianti infiniti da notti insonni, coliche e rigurgiti. 
Io non ho tutto questo, ma ho un Pisellino che piange e che io non so come aiutare.
Ho la tendenza ad attribuire le sue crisi al fatto che sia adottato. Poi in realtà mi ritrovo a cercare su Internet "mio figlio dà le testate", e mi accorgo che altre mille mamme (biologiche, fra l'altro), hanno figli che danno le testate.
Cerco "pianto inconsolabile" e mi ritrovo altre tremila mamme che raccontano come il loro figlio pianga ininterrottamente. E allora mi rassereno, e mi dico che il mio bambino ha problemi come tutti gli altri. Si comporta come tutti gli altri. Piange e dà testate come tanti altri bambini della sua età.
Il mio bambino ha già un suo vissuto, delle sue emozioni, dei ricordi. Non è "nuovo" a tutto. 
Cioè. E'nuovo all'idea di famiglia. E' nuovo all'idea di mamma e babbo.
E questo mi mette in crisi. 
Piange perché é infelice con me?
Piange perché non so dargli quello che desidera?
Piange perché???
E allora mi viene da piangere, e piango davanti a lui perché non riesco a trattenermi. 
Lui mi sorride, mi abbraccia forte, e comincia a baciarmi da farmi togliere il fiato. 
E tutto passa. Come a dirmi "guarda mamma, piango perché non mi ricordo perché piango ma voglio piangere. Tu non piangere".
E allora smette di piangere. E la giornata cambia colore.  

Ho letto un libro, credo che sia stato la causa del mio male al cuore. Mi ha mandato un po' in paranoia. 
25 anni, adottata, si uccide. Perché prova un malessere che non ha saputo esprimere, e porta con sé un "buco" che non è riuscita a riempire. 
La storia è ben scritta, ma triste. E' quello che nessun genitore adottivo vorrebbe succedesse. 
Ma nonostante il senso di infelicità creato da questo libro, porto a casa un insegnamento: affrontare da subito il tema dell'adozione. Far capire a pisellino quanto è stato amato e desiderato. 
Provare a ricostruire e riempire con lui quel "buco" prima che arrivasse da noi. E cercare di guarire dal dolore di quel buco. 
Mi porto a casa qualche spunto. Il più bello è sicuramente la differenza tra abbandonare e lasciare.

  "L'abbandono implica sempre qualcosa di negativo; il lasciare no, al contrario. 
Si lascia ciò che non si è in grado di tenere; si lascia ciò che è talmente prezioso da meritare qualcosa di meglio". 

E poi: 

"La frustrazione e la mancanza si imparano subito. Nessuna madre è perfetta. Nessuna madre è capace. Nessuna madre va bene. 
L'importante è accogliere. E' questo l'amore. Che non ripara niente, ma accetta. Non basta mai, ma soccorre. " 
L'amore che mi resta, Michela Marzano 



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