sabato 12 dicembre 2020

L'impercettibile profumo di Natale

 Natale sta arrivando. 

Un Natale strano, per tanti e per tante cose. 

Un lavoro nuovo, colleghi nuovi, nuove responsabilità.

La costante paura del virus che non mi fa vivere appieno le giornate. 

La pressione, che mi dà il tormento. E adesso, alla pressione si aggiungono le tachicardie. 

Un costante dolore nel cuore per il periodo non sereno che sta vivendo mia sorella. 

Ed infine, la rabbia del pulcino. 

Nascosta, insidiosa, che se ne esce quando meno ce l'aspettiamo. 

Una rabbia così intensa da togliere il fiato, da non riuscire a gestire. 

Una rabbia che tira fuori urla, calci, pugni.

Fa sbattere le cose, buttare a terra i giochi. 

Una rabbia così forte da farlo anche spaventare. 

Inaspettata e incontrollabile soprattutto a lui. 

E io e marito che non sempre siamo capaci di gestirla. 

Anzi, spesso sbagliamo. 

Partiamo con tutte le buone intenzioni; calma e sangue freddo. Respiriamo, contiamo fino a mille.

Ma poi anche per noi, diventa incontrollabile. 

E quindi urliamo. E litighiamo. 

Gare a chi urla più forte. 

Fino a che, 5 minuti dopo, esausti, ci abbandoniamo in un abbraccio a piangere. 

Accidenti se è dura. 

Il pulcino è un bambino estremamente bravo, in ogni contesto. All'asilo è sempre preciso, educato, "al suo posto", mai invadente o aggressivo. 

Ma a casa, la frustrazione "celata" all'asilo, la stanchezza, le delusioni, vengono fuori e si trasformano in una rabbia che devasta il suo corpicino. 

E devasta il mio cuore. 

Per lui dopo 2 minuti di abbraccio, è tutto passato. Si ricomincia a giocare. 

Per me e marito un po' meno. Noi (e soprattutto io) ne usciamo sempre un po' acciaccati. 



2 settimane fa sono iniziati gli incontri del post adozione organizzati dal centro per le famiglie. 

Sono gruppi di auto mutuo aiuto, guidati dalla psicologa, che devono mettere a confronto le coppie, e aiutarle ad aiutarsi e a trovare chiavi di accesso per risolvere problemi o conflitti famigliari. 

Io ho espresso il bisogno di aiutarci a gestire le emozioni. Del resto la rabbia è il sentimento che si porta dietro da sempre, da quando è arrivato da noi. 

E ho chiesto anche di capire come possiamo approcciarci al racconto della sua storia. 

Ora il pulcino non ha più soltanto la sua favola, ma anche la sua storia. 

Una storia che inizia da quando è nato, con le foto di dov'era, fino al nostro primo incontro e il nostro arrivo a casa. 

Un libro con tante domande che lui pone a me per sapere del suo passato, per farlo avvicinare un po' a quello che è stato. 

Ma lui non ha interesse ad ascoltare la sua storia. O meglio: la ascolta, ma con disinteresse. 

E questo è un po' frustrante, perché so che capisce il suo passato e da dove viene, ma non lo vuole sentir dire. 

Sarà questione di tempo? 

Ho paura che un bel giorno "esploda" tutto d'un colpo e io non sia in grado di gestire il racconto, le emozioni e le domande. 

Speriamo in bene. 

Per ora, ci prepariamo al Natale nel migliore dei modi. 

Questa mattina, siamo andati a donare molti dei suoi giochi ai bambini della provincia con famiglie in difficoltà.

Dopo una lunga discussione e spiegazione sul perché dovesse regalare i suoi giochi ad altri bambini, è riuscito a capire la bontà del gesto. 

E quando stamattina il finto babbo Natale gli ha detto "hai fatto una cosa bellissima!!! hai reso felici tantissimi bambini", a me si sono riempiti gli occhi di lacrime, e il mio pulcino era di una fierezza e felicità incredibile. 

Vorrei tanto che nel suo percorso di vita fosse in grado di usare sempre il cuore, per primo. Poi, tutto il resto. 

Aspettiamo il  Natale. 





mercoledì 23 settembre 2020

Respira

È passato un lungo ed inesorabile periodo.
Un periodo in cui non ho fatto altro che lavorare. 
Un periodo in cui a casa sono stata spesso e volentieri antipatica. 
Ho urlato tanto. 
Ho dormito poco e male. 
Sono uscita da questo periodo molto invecchiata in viso, sciupata. 
Mi sono ritrovata a prendere la compressa per la pressione dopo due - tre episodi di crisi ipertensive.
Di giorno mille cose da fare, la notte sveglia nel letto a pensare. 
Tra poco cambio lavoro.
Ho vinto quel concorso a cui tenevo tanto. Avrei dovuto iniziare il nuovo lavoro già a giugno, ma causa COVID sono rimasta in rianimazione. 
Sono elettrizzata per il nuovo lavoro, emozionata. 
E soprattutto sono sicura che migliorerà la vita di Pisellino. 
Potrò metterlo a letto tutte le sere. 
Sarò a casa tutti i weekend e soprattutto, non avrò più sul groppone la stanchezza delle notti passate in rianimazione. 
È un periodo in cui ho bisogno di mettere un punto alla vita di prima e cominciare una fase nuova. 
Ho bisogno di ricominciare a dormire e di RESPIRARE. 
Buon nuovo inizio a me, e che il mio cambiamento possa portare solo buoni cambiamenti nella vita del mio Pisellino e della mia famiglia. ❤️



domenica 17 maggio 2020

In attesa della normalità

Bisogna essere onesti. 
E' un periodaccio. 

Negli ultimi due mesi ho vissuto una situazione surreale, che mai mi sarei sognata nella vita.
Ho assistito come non mai al dolore delle persone, ho visto morire decine di persone.
Ho assistito all’ultima chiamata ai famigliari prima di essere addormentati, dirsi “ti voglio bene, ci sentiamo fra qualche giorno” e poi in realtà non risentirsi più.
Ho fatto videochiamate per far rivedere i propri cari, videochiamate commoventi, dolorose.
Ho svegliato pazienti a mezzanotte per fargli vedere il videomessaggio di auguri dei loro cari.
Ho fatto ascoltare audio di nipotini all’orecchio di nonni che non si volevano risvegliare.
Ho fatto l’ultima carezza a persone perché i loro famigliari ci hanno telefonato chiedendoci di dargli “un’ultima carezza”.
Ho avuto bisogno di far due chiacchiere con lo psicologo. Avevo bisogno di capire come sopportare e resistere a tutto questo fardello.
Ho pianto innumerevoli volte.
Ma negli ultimi giorni, ho anche sorriso innumerevoli volte.
Ho assistito a miracoli.
A persone senza più speranze che si sono risvegliate dopo 2 mesi.
Abbiamo risentito le voci di persone che non potevano più parlare.
Ho lavorato fino a 12 ore al giorno, tutti i giorni.
Ho trascorso notti infinite a pensare e ripensare senza chiudere occhio.

Io sono spesso antipatica, nervosa, irritabile. Credo sia colpa della stanchezza.
E adesso che si intravede la luce in fondo al tunnel, mi sembra di poter tirare un sospiro di sollievo.
Sperando che non sia solo un abbaglio, e che non ricominci tutto in men che non si dica.

In tutto questo periodo Pisellino a casa se l’è spassata.
Dorme 12 – 13 ore a notte.
Gioca, corre, si diverte.
Facciamo piccoli laboratori per potergli dare quegli stimoli che l’asilo in questo momento non può dargli.
Pisellino è cambiato completamente.
Sempre sereno, sorridente, coccoloso.
Se prima si svegliava spesso di cattivo umore o arrabbiato, ora allunga il braccio e ti stringe per abbracciarti. Questo è il suo inizio di giornata.
Ogni tanto litighiamo, ma far pace poi è un attimo.
Passiamo momenti interminabili a discutere su cosa va o non va fatto e perché,  e lui sembra ascoltare :-)
Sta diventando grande.
Gli racconto spesso la sua storia, e di quando ancora non eravamo insieme.
Ogni tanto sbuca un “perché” che cade subito nel dimenticatoio.
Credo stia acquisendo consapevolezza di qualcosa di sé, e mi aspetto che presto, quando avrà voglia lui, partiranno le domande a raffica.
Per ora sa che l’ho tenuto nel cuore per tanto tempo, e non nella pancia.
Sa che c’erano delle persone che si sono prese cura di lui, prima che arrivassimo io e il babbo.
Sa che lo aspettavamo da tanto, e che ora non ci lasceremo mai. Nemmeno quando lui sarà sposato :-)

E nell'attesa attesa di tornare presto alla normalità, abbiamo festeggiato in casa la festa della mamma e la festa del papà!!!




Festa del papà 2020
















Festa della mamma 2020














La nostra cicogna di cotone che si riposa sul camino :-) 


lunedì 30 marzo 2020

#andratuttobene

Quando finirà tutto questo, quello che mi rimarrà di più nel cuore non saranno i segni sul viso, le sudate sotto la tuta, la paura di contaminarmi o i turni massacranti. Quello che mi rimarrà di più nel cuore saranno gli sguardi e le parole dei pazienti.

È straziante veder morire soli i pazienti Covid-19

Lavoro in rianimazione, un luogo non particolarmente abituato a grandi chiacchiere, tranne che con i famigliari. Normalmente sono poche le chiacchiere scambiate con i pazienti, e in tempo di Covid le chiacchiere sono ancora meno.

In tempo di Covid c'è solo un momento in cui si parla con lui ed è quello il momento più difficile. È il momento in cui lo si va ad intubare, in medicina, in malattie infettive, in Pronto soccorso. È il momento in cui gli si spiega quello che si sta per fare e quello che ne sarà delle giornate a venire.

E ogni volta, il sentimento che emerge è la paura. Paura della malattia. Paura di non risvegliarsi. Paura di morire.

E il loro pensiero, in quel momento, va alle loro famiglie. E se in quel momento fanno anche una telefonata a casa, il tutto diventa ancora più straziante.

Dottoressa, chiama mia moglie dopo, vero? Le dica che fra 2 o 3 giorni esco e la chiamoDopo chiama mio marito? Gli dica di non preoccuparsi e che sto bene.

E poi la videochiamata.

Babbo, adesso ti mettono un tubicino nella gola così mettono i polmoni a riposo e gli diamo il tempo di guarire. Hai capito? Sto cercando di capireOk babbo non ti preoccupare, andrà tutto bene. Ti voglio bene, babboTi voglio bene anche io.

Tu infermiere sai che quei due-tre giorni saranno due-tre settimane, nella migliore delle ipotesi. Ma lo sa anche lui, il tuo paziente.

È straziante il momento del saluto. È straziante vedere la paura nei loro occhi

È straziante, da figlio/marito/fratello sapere di non poterli supportare nella malattia, stando vicini al loro letto, aiutandoli a farsi la barba al mattino o facendogli un massaggio ai piedi. È straziante ricevere informazioni per telefono, perché è un ospedale Covid e non si può accedere.

È straziante saperli morire, da soli.

La prima estubazione di un paziente Covid

Ah, dimenticavo. C'è anche un altro momento in cui si parla col paziente: quando finalmente si sveglia da questo lungo ed interminabile periodo di riposo.

Giorno X, prima estubazione di un paziente Covid. La prima frase del paziente: Io entro sera devo andare a casa!

Devi portare pazienza ancora qualche giorno, sei appena stato estubato. E la sai una cosa? Tu sei la nostra più grande soddisfazioneOk. Ma io entro sera devo andare a casa.

Enzo, mi senti?

Fa sì, con la testa.

Enzo stai bene adesso!

Fa sì, con la testa.

Enzo, hai paura?

Fa sì, con la testa.

Adesso stai bene, saremo presto fuori da qui.

Mannaggia a queste mascherine e agli occhialoni da sub. Si appannano che è una meraviglia. Ma almeno non si vedono gli occhi degli infermieri. Gli occhi pieni di lacrime.



https://www.nurse24.it/dossier/covid19/cosa-rimarra-nel-cuore-di-tutto-questo.html

domenica 22 marzo 2020

Le stelle marine

Il periodo non é dei migliori.
In rianimazione la situazione non é rosea, e non si vede la fine di tutto questo disastro.
Ce la stiamo mettendo tutta, ma é dura, molto dura.
Talmente dura da portare a casa la tristezza, la voglia di piangere, il nervosismo, la paura, l'ansia.
Quando sarà tutto passato, magari riuscirò ad esprimere a parole tutto quello che stiamo vivendo e vedendo con i nostri occhi.
Nel frattempo, lascio la storia del bambino e delle stelle marine.


Una tempesta terribile scoppiò sul mare.
Ondate gigantesche si abbattevano sulla spiaggia e aravano il fondo marino scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.
Quando la tempesta passò, rapida come era arrivata, l’acqua si placò e si ritirò. Ora la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa.
Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche troupe televisive per filmare lo strano fenomeno. Le stelle marine erano quasi immobili. Stavano morendo.
Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche un bambino che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle di mare. Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente.
All’improvviso il bambino lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e le calze e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre piccole stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripetè l’operazione.
Dalla balaustra di cemento, un uomo lo chiamò: «Ma che fai, ragazzino?»
«Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia» – rispose il bambino senza smettere di correre.
«Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe!» – gridò l’uomo. «E questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa! Non puoi cambiare le cose!».
Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: «Ho cambiato le cose per questa qui».
L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze ed erano in quattro a buttare stelle marine nell’acqua. Qualche minuto dopo erano in cinquanta, poi cento, duecento, migliaia di persone che buttavano stelle di mare nell’acqua.