Faccio un lavoro che mi ha permesso di sviluppare negli anni autocontrollo, calma e pazienza.
E siamo onesti, sono quasi 6 anni che sogno di diventare mamma. O forse qualcosa di più, perché già ne parlavamo io e Cristian quando eravamo solo due fidanzatini. E fino ad ora ho atteso con calma, sapendo che questo viaggio era una storia lunga, e che l'attesa non sarebbe durata solo 9 mesi.
Ma ora che so che là c'è un bimbo che forse aspetta noi, o meglio, avere la certezza che c'è qualcuno che sta aspettando una famiglia, be', crea un'attesa che non si sopporta più.
Questo attendere un mese, poi due, poi tre, poi chissà quanto, sapendo che comunque lui c'è, mi ammazza.
A me, che di secondo nome mi chiamo Pazienza.
Forse era meglio non sapere, e venir chiamati all'ultimo minuto sentendosi dire "venite su, vi sta aspettando!!". Invece che stare qui ad aspettare.
E magari anche lui sta aspettando.
E chissà che cosa fa, e con chi sta.
E chissà se si chiede se questa benedetta famiglia lo va a prendere o no.
Forse l'avventura dell'adozione prevede anche questo: oltre alle lacrime, l'attesa, i colloqui, le interviste, i giri delle 7 chiese, sono previsti anche i "chivalà" e lo stare sul filo del rasoio.
Lunedì abbiamo deciso che chiamiamo noi il tribunale per capire di che morte dobbiamo morire.
Per noi il tempo stringe, ancora poco più di un mese e ci scade il decreto di idoneità e necessariamente dobbiamo scegliere un paese, e conferire incarico ad un ente.
La prossima settimana vedremo di capire se lui sarà o meno il nostro bimbo, o se dobbiamo intraprendere un altro percorso.
Ho tanta voglia di famiglia nel cuore.